Febbraio 6, 2020

Gli indici di allerta nelle scelte in materia di bilancio

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è intervenuto in maniera innovativa nella disciplina della gestione dell’impresa e nelle attività di verifica degli organi di controllo, del revisore e della società di revisione. Con l’obiettivo di far emergere il più prontamente possibile i sintomi della crisi, si impongono nuovi obblighi di monitoraggio, che operano sia sul piano economico, sia su quello patrimoniale-finanziario. In questo ambito lo studio flammia.it supporta le scelte degli amministratori in materia contabile che assumono particolare rilievo, considerati i riflessi che possono derivarne sugli indicatori di allerta previsti dalla nuova disciplina. Nelle intenzioni del legislatore, la riforma del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019, CCII) ambisce principalmente ad anticipare la manifestazione dell’insolvenza, così da migliorare l’efficacia degli strumenti di gestione della crisi e limitare la possibilità che l’impresa economicamente inefficiente e finanziariamente in difficoltà continui ad operare sul mercato, incrementando gli effetti negativi che il suo agire potrebbe produrre sui suoi stakeholders. Le modalità con cui il CCII impone all’impresa di verificare il suo stato di salute economico e finanziario si fondano sull’obbligo di dotarsi di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile. Di monitorare periodicamente le proprie performance economiche e finanziarie. Gli adempimenti di carattere organizzativo traggono il loro presupposto dalla modifica che l’art. 375 del CCII ha apportato all’art. 2086 del Codice civile, introducendo il secondo comma in base al quale “L’imprenditore, che operi in forma societaria, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Il nuovo art. 2086 c.c. estende a tutte le società l’obbligazione già presente nel nostro ordinamento per le società per azioni ai sensi dell’art. 2381 c.c., precisando che l’impianto complessivo dell’organizzazione deve essere “anche” idoneo a rilevare le situazioni di crisi di impresa e la perdita della continuità aziendale. La portata innovativa dell’art. 2086 c.c. deve, quindi, inquadrarsi nella necessità di contemplare all’interno della organizzazione aziendale un sistema di procedure dedicato specificamente alla rilevazione della crisi d’impresa. L’obbligo dell’impresa di adottare adeguati provvedimenti organizzativi, per rispondere alle finalità previste nell’art. 2086 c.c., si riflette nella correlata previsione di cui al primo comma dell’art. 14 del CCII che impone agli organi di controllo, al revisore contabile e alla società di revisione “di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi”. Il secondo comma dell’art. 2086 c.c. e l’art. 14 CCII incidono, pertanto, nella governance aziendale, da un lato attribuendo all’organo amministrativo l’obbligo di costruire un’adeguata organizzazione a presidio del rischio di crisi d’impresa, e, dall’altro, attribuendo ai diversi organi di controllo l’obbligo di verificare che le informazioni prodotte dal complessivo impianto organizzativo siano effettivamente oggetto di attenta valutazione da parte di chi gestisce l’impresa. Il sistema di allerta anche con l’applicazione degli indici di allerta nella crisi di impresa si completa con le previsioni contenute nell’art. 13 del CCII, che definisce le modalità operative con le quali la società deve procedere a monitorare il proprio stato di salute economico-finanziaria. Ai sensi del primo comma dell’art. 13 CCII, l’azienda è tenuta ad effettuare il monitoraggio delle proprie performance reddituali, patrimoniali e finanziarie, tramite “appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità”. Il medesimo comma definisce i primi tre indicatori rappresentativi delle grandezze economiche, patrimoniali e finanziarie da porre sotto osservazione, ovvero: – la misurazione della sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare; – l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi; nonché´ – i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, in particolare con riferimento al superamento di alcune soglie di materialità, ai sensi dell’art. 24 CCII, dei debiti per retribuzioni e dei debiti verso fornitori. Il secondo comma dell’art. 13 CCII definisce un secondo strumento di misurazione delle performance, delegando al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (CNDCEC) l’elaborazione di un sistema basato sugli indici di allerta nella crisi di impresa la cui valutazione unitaria possa far “ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa”. L’utilizzo degli indici individuati dal CNDCEC all’interno del proprio sistema di allerta e` per la società una facoltà, che può essere adottata solo nella misura in cui si ritenga che tali indici siano idonei, in ragione delle caratteristiche proprie dell’impresa, al perseguimento delle finalità dettate dall’art. 2086 c.c. Infatti, il terzo comma dell’art. 13 CCII prevede che “L’impresa che non ritenga adeguati, in considerazione delle proprie caratteristiche, gli indici elaborati a norma del comma 2 ne specifica le ragioni nella nota integrativa al bilancio di esercizio e indica, nella medesima nota, gli indici idonei a far ragionevolmente presumere la sussistenza del suo stato di crisi. Un professionista indipendente attesta l’adeguatezza di tali indici in rapporto alla specificità dell’impresa”. 2. Indici della crisi e delega al CNDCEC Il 20 ottobre 2019 il CNDCEC ha pubblicato, in bozza, il documento “Gli indici dell’allerta, ex art. 13, comma 2 Codice della crisi e dell’insolvenza”, documento ora sottoposto all’approvazione del Ministero dello Sviluppo economico. Nel definire gli indici, il CNDCEC ha proposto un sistema di misurazione delle performance basato su due gruppi. Un primo gruppo ritenuto idoneo per tutte le imprese, senza distinzione per categoria merceologica, ed un secondo gruppo, indici di settore, costituito da cinque indici, omogenei per tutte le imprese ma distinti per classi merceologiche rispetto al valore soglia che i singoli indici assumono per indicare il rischio di crisi. Gli indici del primo gruppo sono costituti: – dall’entità del patrimonio netto, in termini di verifica se esso assume valore negativo o al di sotto dei minimi di legge previsti per le società di capitali. Si tratta, pertanto, di un indicatore, piuttosto che un indice, non essendo costituito da un rapporto tra due dati contabili; – dal debt service cover ratio “DSCR”. Gli indici del secondo gruppo, ovvero gli indici di settore, sono i seguenti: – indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri ed il fatturato; – indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali; – indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto tra cash flow e attivo; – indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine; – indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo. Per ognuno dei cinque indici di settore sono stati individuati i valori soglia distinti per dieci settori di attività merceologiche. Il CNDCEC ha precisato che il sistema di indicatori individuato – suddiviso nei due gruppi di cui sopra – da un punto di vista logico deve intendersi come gerarchico, dovendo l’applicazione degli stessi avvenire in sequenza. Più dettagliatamente, un patrimonio netto negativo o inferiore al minimo di legge determina come ipotizzabile una situazione di crisi, da cui consegue la necessità di attivare le azioni previste dal CCII a risoluzione della stessa. In tal caso, non si dovrà procedere al calcolo degli altri indici. Diversamente, ove la verifica dei valori del patrimonio netto non segnali elementi di criticità, i controlli si estendono al DSCR. Anche in questa circostanza, ove tale indice assuma valore inferiore a 1, e` ipotizzabile la crisi, con conseguente attivazione delle azioni a risoluzione. Solo ove il DSCR non sia disponibile – o la sua rilevazione sia giudicata inattendibile – il sistema di allerta degli indici di allerta nella crisi di impresa dovrà prendere in considerazione i cinque indici di settore. In tale situazione, solo nel caso in cui siano stati superati contemporaneamente tutti i tassi soglia previsti per i cinque indici si presume che la società sia in una situazione di crisi, non essendo considerato come significativo, al contrario, il superamento di uno o più ma non di tutti i valori soglia definiti. Dalla ricostruzione normativa sopra riportata si evince come il combinato disposto dal secondo comma dell’art. 2086 c.c. e dall’ultimo comma dell’art. 13 CCII imponga all’organo amministrativo di definire un sistema di indicatori proprio, ovvero adeguato alla specifica realtà aziendale. In tale contesto, ove la società`, nella costruzione del proprio sistema contabile di allerta, intenda avvalersi degli indici proposti dal CNDCEC, dovrà sottoporre tali indici ad un giudizio critico di adeguatezza, al fine di verificare se essi possano essere idonei, nel caso specifico dell’impresa, ad evidenziare, in maniera adeguata, l’emersione di elementi che “facciano ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi d’impresa”. Il medesimo giudizio di idoneità è richiesto agli organi di controllo, al revisore e alla societa` di revisione, ai sensi del primo comma dell’art. 14 del CCII. In altri termini, gli indici proposti dal CNDCEC non possono essere interpretati come degli indicatori sicuri, adeguati a tutte le realtà aziendali, e come tali da non sottoporre ad alcuna valutazione di merito. Al contrario, ove la società intenda utilizzare tali indici per la costruzione del proprio sistema di allerta, essi dovranno essere sottoposti a verifiche di significatività in ragione delle caratteristiche proprie della singola impresa. L’esame della metodologia con cui il CNDCEC ha definito gli indici di allerta costituisce, pertanto, un presupposto che deve essere opportunamente valutato dagli amministratori per la definizione del sistema di allerta della società .Il documento del CNDCEC, nella sezione relativa alla metodologia utilizzata, evidenzia di aver condotto l’analisi in collaborazione con il CERVED, sottoponendo ad esame 568 mila bilanci, corrispondenti a circa 181 mila imprese, appartenenti a 6 coorti annuali dal 2010 al 2015. Le imprese selezionate nel campione avevano depositato almeno tre bilanci, esercitavano una attività economica diversa da quella finanziarie ed immobiliare. Il campione utilizzato, inoltre, e` stato costituito da piccole imprese (con l’esclusione delle micro imprese), da imprese medie e da grandi imprese, rispettivamente con percentuali pari al 67,4%, al 24,9%, al 7,7%. Occorre rilevare che, nonostante le tre categorie di imprese siano rappresentate all’interno del campione, nel definire i valori soglia la dimensione delle imprese non e` presa in considerazione, essendo tali valori determinati esclusivamente con riferimento ai diversi settori di attività. Per la costruzione del sistema di allerta, quindi, non sembrerebbe significativa la dimensione dell’impresa, essendo i valori soglia definiti senza alcuna distinzione di natura dimensionale. La decisione di non considerare la variabile dimensionale nello sviluppo degli indicatori si giustifica alla luce del fatto che dalle analisi condotte da CNDCEC e CERVED le indicazioni derivanti dai test sulle tre categorie di imprese non avrebbero fatto emergere differenze sostanziali nei risultati in termini di significatività degli indici rispetto alla loro capacità di segnalare situazioni di default. Inoltre, per quanto attiene le modalità di trattamento dei bilanci, nell’appendice metodologia del documento, è precisato che i bilanci originali, in formato XBRL, sono stati controllati ed arricchiti con le informazioni estratte dalla nota integrativa e da altre fonti. I dati dei prospetti di Stato Patrimoniale, Conto Economico e del Rendiconto finanziario sono stati integrati, ove necessario e possibile, con le informazioni contenute nella nota integrativa. In assenza di altre precisazioni, si può ritenere che le voci espresse nei bilanci non siano state oggetto di una rideterminazione volta ad omogeneizzarne i criteri di valutazione. Nel confrontare i valori dei cinque indici di settore con il risultato di quelli propri dell’azienda, pertanto, occorrerà tener presente che i parametri forniti dal documento del CNDCEC risentono di una estrapolazione su base campionaria, non omogenea in termini di rappresentazione delle voci di bilancio utilizzate per il calcolo degli indici. 3. Indici di allerta e scelte di bilancio Venendo agli aspetti più applicativi della nuova disciplina, un profilo meritevole di essere approfondito riguarda la possibilità di “adattare” gli indici di allerta. Non e` agevole individuare delle fattispecie tipiche nelle quali poter concludere che tale adattamento e` sicuramente legittimo, soprattutto quando la “particolarità” della situazione dell’impresa sia da ricondurre a dinamiche gestionali o a situazioni di contesto anomale e, in quanto tali, tendenzialmente imprevedibili. In questi frangenti, le procedure attivate a presidio del monitoraggio delle performance aziendali dovranno considerare i caratteri specifici della società e verificare quanto la composizione della struttura patrimoniale o le modalità di produzione del reddito possano diversificarsi rispetto a quelle degli altri operatori della medesima classe merceologica/settore di attività. In un approccio generale, e prescindendo dai profili di diversità gestionale specifici della singola impresa, si può esplorare la possibilità di considerare adattabili gli indici quando l’organo amministrativo abbia fatto delle scelte in termini di policy contabili che, alla luce degli indicatori individuati dal CNDCEC, si sono rilevate indebitamente penalizzanti. E `il caso, almeno in teoria, della valutazione delle rimanenze: ove la società avesse valutato i beni fungibili al LIFO potrebbe essersi generata una plusvalenza latente di entità non trascurabile rispetto ai valori di patrimonio netto. Lo stesso dicasi per la valutazione delle partecipazioni qualificate. Anche in questa circostanza, la valutazione al costo implica spesso l’esistenza di plusvalenze latenti che emergerebbero, almeno parzialmente, nel caso in cui la società optasse per la valutazione secondo il metodo del patrimonio netto. Ancora più distorcenti potrebbero essere gli effetti che derivano dalle politiche contabili adottate dalla società in assenza di indicazioni normative nel sistema dei principi contabili nazionali. Si pensi, soprattutto, ai conferimenti di rami d’azienda, contabilizzati – secondo le prassi attualmente invalse- a valori correnti o in continuità di valori. Dalla scelta operata dalla conferitaria potrà pertanto emergere o meno una riserva sopraprezzo che in molte circostanze e` di entità estremamente rilevante rispetto al valore del patrimonio netto contabile. Anche qui, ai fini del calcolo degli indicatori di allerta, si può valutare l’ipotesi di considerare la riserva che sarebbe emersa ove la società si fosse avvalsa della facoltà di far emergere tutto il valore assegnato dal perito al ramo oggetto di conferimento. Nelle circostanze sopra richiamate, sembra, se non opportuno, almeno praticabile un adattamento dei parametri di allerta che potrà risolversi sia in una rettifica dei valori considerati ai fini del calcolo dell’indicatore (soprattutto nel caso dell’indicatore patrimonio netto), sia in una modifica al valore soglia individuato dal CNDCEC. Più controverso è il caso in cui, ai fini del calcolo degli indicatori di allerta, non e` la scelta in termini di policy contabile a penalizzare l’impresa, ma le modalità tecnico-giuridiche prescelte per realizzare l’operazione. L’esempio eclatante è rappresentato dagli acquisti di cespiti realizzati attraverso contratti di leasing finanziario, che – pur producendo sul piano della solidità patrimoniale della società gli stessi effetti di un acquisto finanziato a credito – sono fortemente penalizzati dalla disciplina contabile vigente, che inibisce l’iscrizione in bilancio del bene oggetto di acquisto e impone la rilevazione dell’intero canone pagato come costo dell’esercizio. Diversamente da quanto visto in precedenza, dove il ricalcolo degli indici di allerta nella crisi di impresa (o dei valori soglia) è funzionale a individuare un valore che sarebbe comunque emerso se la società avesse fatto scelte contabili più vantaggiose, in questa circostanza il bilancio inibirebbe in modo assoluto l’emersione di questi plusvalori. Ci si può interrogare, a questo punto, se è ipotizzabile “rettificare” il bilancio redatto secondo i principi contabili nazionali per recepire plusvalori che emergerebbero ove la società applicasse i principi contabili internazionali IAS/IFRS. In linea di principio, pare potersi escludere la possibilità di modificare i valori del bilancio limitatamente a singole fattispecie/operazioni specifiche che verrebbero rideterminate a valori IAS/IFRS. Esigenze di coerenza complessiva dei valori di bilancio rendono opportuno che tutte le grandezze del bilancio siano determinate ricorrendo ad un framework di regole unitario. Ugualmente impervia appare la strada di rideterminare tutto il bilancio a valori IAS/IFRS ai soli fini del calcolo degli indici di allerta nella crisi di impresa. In questo caso, potrebbe essere di ostacolo il fatto che l’attendibilita` dei valori che si individuerebbero non sarebbe confortata dal sistema di controlli che la governance di una società di capitale usualmente prevede per il bilancio sottoposto a deposito. Rimane, ovviamente, la possibilità di adottare gli IAS/IFRS per la redazione del bilancio. Scelta, questa, ormai praticabile per tutte le società che superano i limiti di cui all’art. 2435-bis c.c., ma che – è bene ricordarlo – è tendenzialmente irreversibile. Scelta, poi, che pone ulteriori problemi nella definizione degli indici di allerta nella crisi di impresa rispetto a quelli sopra descritti. Il documento del www.commercialisti.it/ non affronta in modo specifico il tema dei bilanci redatti secondo i principi contabili internazionali e si limita a precisare che nel calcolo del patrimonio netto sono escluse le riserve specifiche derivanti dagli IFRS. Si citano, al riguardo, le riserve derivanti dalla valutazione al fair value, le riserve attuariali e la riserva stock option. Questa disposizione si presta, almeno in linea teorica, a due diverse letture. Secondo una prima lettura, si potrebbe ipotizzare che l’adozione degli IAS/IFRS debba essere tendenzialmente neutrale rispetto al sistema degli indicatori di allerta, con la conseguenza che gli amministratori sarebbero tenuti a rettificare il patrimonio netto del bilancio redatto con i principi internazionali per ricondurlo al valore che avrebbe avuto se fossero stati utilizzati i principi contabili nazionali. Il che appare fuori luogo non soltanto per il pregiudizio in termini di costi amministrativi che ne deriverebbe, ma anche perché´ metterebbe in discussione la capacità del sistema degli IAS/IFRS di fornire una rappresentazione utile all’investitore delle effettive consistenze patrimoniali della società`e per gli indici di allerta nella crisi di impresa. Se questo fosse, tutto l’impianto normativo contabile non soltanto nazionale ma anche europeo andrebbe rimesso in discussione. In una seconda lettura, più plausibile, il documento del CNCDEC si vuol limitare a disinnescare gli effetti soltanto di alcuni fenomeni circoscritti che, non trovando applicazione diffusa nel campione di bilanci esaminati, sarebbe bene rettificare per non compromettere l’attendibilità del sistema dei valori soglia da un punto di vista statistico. Il che, se appare sicuramente convincente sotto un profilo metodologico, desta qualche perplessità quando si considerino gli esempi individuati nel documento. Per ciò che concerne le riserve da fair value, ad esempio, stupisce il fatto che analoga previsione non sia stata disposta per le riserve iscritte nei bilanci OIC a fronte di rivalutazioni ex lege. Per le immobilizzazioni materiali e immateriali, soprattutto, il ricorso al revaluation model ex IAS 16 e 38 è ben più sporadico delle rivalutazioni operate ai sensi delle leggi speciali che, con cadenza sistematica, vengono ormai riproposte da anni. Anche l’esclusione delle riserve attuariali e delle riserve da stock option non convince. Con riguardo alle prime, occorre considerare che rappresentano parte dell’accantonamento fatto a fronte di un fondo che, con ogni probabilità`, andrebbe stanziato anche nei bilanci redatti secondo i principi nazionali. Nell’ottica di valutare gli indici di allerta nella crisi di impresa si faccia l’esempio di un soggetto OIC adopter che avesse garantito ai propri dipendenti benefici di natura previdenziale successivi alla cessazione del rapporto di lavoro. Gli amministratori, per determinare il fondo ex OIC 31, potrebbero ben avvalersi di tecniche attuariali simili, quando non coincidenti, con quelle descritte nello IAS 19. Se così fosse, le variazioni del fondo che si manifestassero per effetto della variazione delle ipotesi attuariali concorrerebbero a formare il risultato economico dell’esercizio e sarebbero pienamente considerate per il calcolo del patrimonio netto. Non si vede perché´ lo stesso non debba accadere per un soggetto IAS adopter. Ancor più ingiustificata appare l’esclusione delle riserve da stock option ex IFRS 2. Il principio in questione impone di rilevare un costo d’esercizio di pari importo a fronte della citata riserva, con il risultato che il patrimonio netto del soggetto IAS adopter coincide, a parità di condizioni, con quello del soggetto OIC che contabilizza il piano di stock option in modo tradizionale. Pure in questa circostanza, l’esclusione della riserva da stock option produce una penalizzazione indebita e incoerente con l’obiettivo di avvicinare il patrimonio netto determinato secondo gli IAS/IFRS al valore che avrebbe se determinato con le regole nazionali. di Giuseppe Lo Prete (*) e Alessandro Sura (**)

Gennaio 27, 2020

Crisi di impresa – soluzioni dello Studio Flammia

Il DLgs. 12.1.19 n. 14, emanato in attuazione della L. 19.10.2017, ha introdotto nel nostro ordinamento il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, una riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali. L’entrata in vigore della nuova disciplina è prevista per il 15.8.2020, decorsi 18 mesi dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (14.2.19).

Nella sua formulazione il legislatore ha voluto perseguire le seguenti finalità:

  • riordino della disciplina legata alla crisi e all’insolvenza, con la costituzione di una normativa unitaria che sostituisse l’attuale Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267)
  • imposizione agli imprenditori dell’adozione di misure idonee e di un assetto organizzativo adeguato (art. 2086 del codice civile) per la rilevazione delle situazioni di crisi e l’adozione tempestiva delle opportune iniziative
  • salvaguardare la continuità delle imprese, attraverso l’avvio del processo di ristrutturazione nella fase di inizio della crisi
  • demandare agli Organismi di Gestione della Crisi dell’Impresa (OCRI) il processo di gestione della crisi

La nuova disciplina è pertanto ispirata ad una logica di prevenzione. E’attuata attraverso una serie di procedure di allerta, volte ad intercettare tempestivamente le situazioni di crisi aziendale e, attraverso gli opportuni interventi correttivi posti in essere dagli imprenditori con i consigli dei dottori commercialisti e degli avvocati specializzati in materia, per salvaguardare la continuità aziendale

In tale contesto viene attribuito un compito attivo di controllo rafforzato agli organi di vigilanza.

La nuova normativa disciplina tutte le situazioni di crisi o di insolvenza del debitore sia esso consumatore, professionista o imprenditore.

Gli strumenti di allerta e gli indicatori di crisi

L’individuazione tempestiva di situazioni di crisi viene affidata dalla nuova normativa agli strumenti di allerta, costituiti dagli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore e dagli obblighi di segnalazione a carico di soggetti qualificati:

Considerazioni conclusive

Il nuovo contesto normativo pone a carico di diversi soggetti coinvolti (Amministratori, Collegio Sindacale, Società di Revisione e creditori pubblici qualificati) precisi obblighi e responsabilità al fine di garantire la tempestiva gestione della crisi di impresa. I punti cardine della normativa possono essere sintetizzati come segue:

  • adozione di strutture organizzative adeguate
  • strutturazione di un processo di reporting e di monitoraggio, improntati in ottica di tipo prospettivo (forward looking)
  • costantemente monitoraggio del going concern, e degli indicatori di crisi di tipo prospettico
  • vigilanza del Collegio Sindacale e Società di Revisione
  • obblighi di segnalazione (interna e esterna) agli organi creditori pubblici qualificati al superamento di determinate soglie di esposizione
  • gestione della crisi aziendale demandata agli OCRI istituiti presso le camere di commercio

La soluzione integrata alle esigenze delle imprese

Lo Studio Flammia, con i suoi avvocati e con i dottori commercialisti, è al fianco delle imprese per aiutarle nel percorso di adeguamento alla nuova normativa con un approccio proattivo che permetta un’adozione efficace ed efficiente.

Step 1: Advisory

Analisi degli assetti organizzativi

Consulenza sugli Indicatori di crisi

Step 2: Audit

Incarichi di revisione

Valutazione di indici alternativi

Assurance ratios

Step 3: Tax & law

Gestione crediti/debiti tributari

Gestione pre-contenzioso

Ottimizzazione flussi finanziari

Gennaio 14, 2020

Prorogato per tutto il 2020 il credito d’imposta SUD per la realizzazione di nuovi investimenti

Credito d’imposta SUD

Prorogato dalla Legge di Bilancio 2020 il Credito di imposta SUD beni strumentali nuovi è un’agevolazione a favore di soggetti con reddito d’impresa che acquistano beni da destinare a unità produttive ubicate in Campania, Puglia, Calabria, Molise, Basilicata, Abruzzo, Sardegna e Sicilia.

Il Bonus Investimenti Sud 2020 prevede un diverso credito d’imposta a seconda della dimensione dell’azienda, pari al 45% per piccole imprese, 35% per medie imprese e 25% per le imprese di grandi dimensioni.

Cos’è il Bonus Investimenti Sud 2020?

Il bonus è un’agevolazione che prevede un credito d’imposta per tutte le aziende che investono in beni strumentali.

Il beneficio introdotto nel 2014, prevedeva la possibilità di accedere ad un credito d’imposta dell’importo pari a 10mila euro ed era compatibile sia con il Super ammortamento che con i voucher previsti per la digitalizzazione.

Nel 2016, con la Legge di Stabilità invece è stata riservata esclusivamente alle imprese del Sud ricadenti nei territori elencati, che avessero intenzione di acquistare beni strumentali.

Il successivo decreto dello stesso anno ha poi modificato la normativa relativa al credito di imposta:

  • estendendo l’agevolazione anche a tutte le imprese ubicate in Sardegna;
  • aumentando le aliquote dal 10 al 25% per grandi imprese, dal 15 al 35% per imprese di medie dimensioni e dal 20 al 45% per le piccole imprese;
  • consentendo, sulla base della normativa europea, l’accesso anche ad altri benefici;
  • aumentando il costo massimo agevolabile per ogni progetto.

Bonus Investimenti Sud 2020: destinatari e modalità di accesso

Le imprese di qualsiasi natura giuridica e dimensione, (inclusi gli enti non commerciali) che abbiano unità produttive nel Mezzogiorno, ovvero in Campania, Puglia, Calabria, Molise, Basilicata, Abruzzo, Sardegna e Sicilia, sono beneficiarie di questo Bonus.

Però si fa eccezione per alcuni settori quali: produzione e distribuzione energia, creditizio, finanziario e assicurativo, costruzione navale, fibre sintetiche e industria siderurgica e carbonifera.

Il credito di imposta è usufruibile solo in compensazione con il modello F24 tramite Entratel. Grazie alla proroga è valido per gli investimenti realizzati entro il 31 dicembre 2020, dal 1 gennaio 2016.

I beni strumentali non agevolabili sono i beni merce destinati alla vendita, quelli assemblati o concessi in comodato a terzi, beni strumentali nuovi e non usati.

Invece rientrano i beni acquisiti in leasing e quelli tramite locazione con opzione di acquisto finale.

Per tutte le aziende che vorranno manifestare la volontà di adesione al credito d’imposta, sarà presto disponibile presso l’Agenzia delle Entrate e relativo sito web istituzionale, il modello per richiedere le agevolazioni.

Contattaci per chiedere informazioni e per prenotare una consulenza.

Gennaio 9, 2020

La Regione Campania inaugura il nuovo anno con 25 milioni di euro per gli artigiani, i commercianti e gli ambulanti

Incentivi per le micro e piccole imprese artigiane

Incentivi per le micro, piccole e medie imprese operanti nel settore “Commercio” DGR N. 426/2019 E D.D. N. 610 DEL 30.12.2019. CUP: B29C19000000002 “POR FESR CAMPANIA 2014/2020 – RIENTRI JEREMIE – RIENTRI FONDO PMI – AVVISO PUBBLICO AIUTI ALLE MPMI OPERANTI NEL SETTORE DEL COMMERCIO” L’avviso è finalizzato ad accrescere la competitività delle imprese commerciali, attraverso la diffusione di soluzioni innovative ovvero la realizzazione di interventi finalizzati all’ampliamento dell’offerta commerciale ed è rivolto alle micro, piccole e medie imprese come classificate nell’Allegato I del Regolamento (UE) n. 651/2014, indipendentemente dalla loro forma giuridica, singole o in aggregazione, che abbiano unità oggetto dell’intervento nella Regione Campania, requisito in possesso al momento della richiesta del primo SAL, siano attive e operanti da almeno due anni alla data di pubblicazione dell’Avviso, abbiano quale attività principale alla data di pubblicazione dell’Avviso, così come registrato alla CCIAA competente, una fra quelle classificate dal codice ATECO 2007 Istat nella categoria G o I 56.00.00 (inclusi tutti i sottolivelli). Sono escluse le imprese che svolgono quale attività principale una di quelle identificate dai codici Ateco 46.1 Intermediari del commercio (inclusi tutti i sottolivelli) e 47.8 Commercio al dettaglio ambulante (inclusi tutti i sottolivelli) ed in ogni caso imprese che, a prescindere dal codice Ateco, siano iscritte con la qualifica di imprese artigiane al Registro delle Imprese della CCIAA. Possono, altresì, accedere alle agevolazioni di cui al presente Avviso le seguenti aggregazioni: a) i Consorzi o le Società Consortili di imprese; b) le Reti di Micro e Piccole Imprese (MPI) che intendano realizzare un progetto di rete. L’ammontare delle risorse destinate al finanziamento del presente Avviso è pari a 10 Milioni di Euro. Le tipologie di investimento ammissibili sono: •innovazioni organizzative tramite l’utilizzo delle TLC, •innovazione di marketing ovvero l’implementazione di azioni di marketing che comportano cambiamenti alla promozione dei prodotti o nelle politiche di prezzo, e-commerce, •investimenti per favorire il miglioramento delle performance ambientali aziendali attraverso la riduzione significativa degli impatti delle attività produttive dell’impresa, •investimenti per migliorare i livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro, •formazione specialistica per le innovazioni introdotte. Le spese ammissibili sono relative a •opere murarie, sistemazioni impiantistiche, nel limite del 30% del totale del programma di spesa, •macchinari, impianti ed attrezzature nuovi di fabbrica, mezzi mobili, identificabili singolarmente ed a servizio esclusivo dell’attività oggetto delle agevolazioni, •programmi informatici, brevetti, licenze, know-how e conoscenze tecniche non brevettate concernenti nuove tecnologie di prodotti e processi e la relativa formazione specialistica, nel limite del 30% del programma di spesa, •consulenza specialistica in tema di ICT, marketing e innovazione nel limite del 5% del totale del programma di spesa, •spese relative al capitale circolante, inerenti all’attività d’impresa, nella misura massima del 30% del programma di spesa, limitatamente a interessi passivi su finanziamento bancario, spese per acquisizione garanzie, materie prime, materiali, semilavorati. La procedura di selezione delle domande di agevolazione è a “sportello valutativo”. Saranno considerate presentate contemporaneamente tutte le domande di partecipazione pervenute e firmate all’interno di un arco temporale di 20 minuti a partire dagli orari di apertura della procedura informatica. Nel caso in cui le risorse finanziarie non consentano l’accoglimento integrale delle domande con lo stesso ordine cronologico queste sono ammesse all’istruttoria e finanziate in base alla posizione assunta nell’ambito di una specifica graduatoria di merito fino ad esaurimento delle disponibilità finanziarie. Il programma di spesa deve essere avviato dopo la presentazione della domanda e dovrà prevedere spese ammissibili per un importo minimo di 10.000,00 € ed importo massimo di 50.000,00 € per progetti presentati da singole imprese ed importo minimo di 50.000,00 € e importo massimo di 250.000,00 € per progetti presentati da aggregazione formali di imprese. Le aggregazioni formali di imprese devono essere composte da almeno 5 (cinque) imprese. Le agevolazioni sono concesse in regime “de minimis” nella forma di un contributo a fondo perduto nella misura massima del 50% del totale delle spese ammissibili del programma di spesa e quindi fino ad un importo massimo di 25.000,00 euro per programmi di spesa presentati da singola impresa e 70% del totale delle spese ammissibili del programma di spesa e quindi fino ad un importo massimo di 175.000,00 euro per le aggregazioni di imprese. L’avviso sarà visionabile sul sito della Regione Campania, di Sviluppo Campania ed al link http://sid2017.sviluppocampania.it Le domande di agevolazione dovranno essere compilate on line, accedendo, previa registrazione, al sito http://sid2017.sviluppocampania.it e inviate mediante procedura telematica. Dal 10 gennaio 2020 sarà resa disponibile sui siti della Regione Campania e di Sviluppo Campania spa la modulistica per la presentazione delle istanze. Dal 16 gennaio 2020 all’indirizzo http://sid2017.sviluppocampania.it sarà possibile iniziare la registrazione nel sistema e la successiva compilazione della modulistica. Dalle ore 16.00 del 03.02.2020 sarà possibile presentare domanda fino alle ore 16.00 del 04.03.2020. Il termine ultimo del 04.03.2020 potrà essere anticipato alla data in cui saranno presentate richieste di contributi pari al 150% della dotazione finanziaria disponibile, dandone informativa sul sito di Sviluppo Campania e della Regione Campania. L’erogazione delle agevolazioni avviene a richiesta del proponente per un massimo di due SAL: •il primo, pari al 50% del contributo a fondo perduto, dopo la realizzazione del 50% del programma di spesa complessivo; •il secondo, a saldo, alla realizzazione dell’intero investimento e previo controlli in loco. L’erogazione avviene su fatture quietanzate oppure con presentazione fatture previa apertura di conto corrente vincolato da parte dell’impresa beneficiaria. Tutte le informazioni concernenti l’Avviso pubblico e gli eventuali chiarimenti di carattere tecnico-amministrativo possono essere richieste a mezzo pec all’indirizzo commerciantidgr426@pec.regione.campania.it. SCARICA L’AVVISO

Incentivi per le micro e piccole imprese operanti nel settore “Commercio ambulante”

R N. 426/2019 E D.D. N. 610 DEL 30.12.2019. CUP: B29C19000000002 “POR FESR CAMPANIA 2014/2020 – RIENTRI JEREMIE – RIENTRI FONDO PMI – AVVISO PUBBLICO AIUTI ALLE MPI ARTIGIANE” L’avviso è finalizzato a sostenere programmi di spesa per la competitività delle imprese artigiane ed è rivolto alle micro e piccole imprese che abbiano l’unità oggetto dell’intervento nella Regione Campania, siano attive ed operanti da almeno due anni alla data di pubblicazione dell’Avviso e risultino iscritte nell’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese istituita presso la CCIAA territorialmente competente alla data di pubblicazione dell’Avviso. L’ammontare delle risorse destinate al finanziamento del presente Avviso è pari a 10 Milioni di Euro. Le tipologie di investimento ammissibili sono: •lo sviluppo di lavorazioni con utilizzo di nuove tecnologie e nuovi materiali, •lo sviluppo di nuove applicazioni di prodotto e design, le innovazioni organizzative tramite l’utilizzo delle TLC, l’adozione di nuovi metodi che hanno lo scopo di aumentare le prestazioni dell’impresa, l’adozione di nuove soluzioni cloud computing, •l’implementazione di azioni di marketing che comportano significativi cambiamenti alla promozione dei prodotti o nelle politiche di prezzo, e-commerce, •il miglioramento delle performance ambientali aziendali, •il miglioramento dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro. Le spese ammissibili sono relative a: •impianti, macchinari, attrezzature, •programmi informatici, brevetti, licenze, know-how, conoscenze tecniche non brevettate con la relativa formazione specialistica nel limite del 30% del totale del programma di spesa, •servizi specialistici in tema di ICT, marketing e innovazione nel limite del 5% del totale del programma di spesa, •spese relative alla ristrutturazione della sede operativa – in misura non superiore al 30% del programma di spesa – e installazione di impianti, strettamente necessari e funzionali allo svolgimento dell’attività di impresa, •spese relative al capitale circolante nella misura massima del 30% del programma di spesa, limitatamente a interessi passivi su finanziamento bancario, spese per acquisizione garanzie, materie prime, materiali, semilavorati. La procedura di selezione delle domande di agevolazione è a “sportello valutativo”. Saranno considerate presentate contemporaneamente tutte le domande di partecipazione pervenute e firmate all’interno di un arco temporale di 20 minuti a partire dagli orari di apertura della procedura informatica. Nel caso in cui le risorse finanziarie non consentano l’accoglimento integrale delle domande con lo stesso ordine cronologico queste sono ammesse all’istruttoria e finanziate in base alla posizione assunta nell’ambito di una specifica graduatoria di merito fino ad esaurimento delle disponibilità finanziarie. Il programma di spesa deve essere avviato dopo la presentazione della domanda e dovrà prevedere spese ammissibili per un importo minimo di 10.000,00 € ed un importo massimo di 50.000,00 €. Le spese ammissibili si intendono al netto dell’IVA. Le agevolazioni sono concesse in regime di “de minimis” nella forma di un contributo a fondo perduto, nella misura massima del 50% del totale delle spese ammissibili del programma di spesa, fino ad un importo massimo di 25.000,00 euro. L’avviso sarà visionabile sul sito della Regione Campania, di Sviluppo Campania ed al link http://sid2017.sviluppocampania.it Le domande di agevolazione dovranno essere compilate on line, accedendo, previa registrazione, al sito http://sid2017.sviluppocampania.it e inviate mediante procedura telematica. Dal 10 gennaio 2020 sarà resa disponibile sui siti della Regione Campania e di Sviluppo Campania spa la modulistica per la presentazione delle istanze. Dal 16 gennaio 2020 all’indirizzo http://sid2017.sviluppocampania.it sarà possibile iniziare la registrazione nel sistema e la successiva compilazione della modulistica. Dalle ore 13:00 del 03.02.2020 sarà possibile presentare la domanda fino alle ore 13:00 del 04.03.2020. Il termine ultimo del 04.03.2020 potrà essere anticipato alla data in cui saranno presentate richieste di contributi pari al 150% della dotazione finanziaria disponibile, dandone informativa sul sito di Sviluppo Campania e della Regione Campania. L’erogazione delle agevolazioni avverrà a richiesta del proponente per un massimo di due SAL: •il primo, pari al 50% del contributo a fondo perduto, dopo la realizzazione del 50% del programma di spesa complessivo •il secondo, a saldo, alla realizzazione dell’intero investimento e previo controlli in loco. L’erogazione avviene su fatture quietanzate oppure con presentazione fatture previa apertura di conto corrente vincolato da parte dell’impresa beneficiaria. Tutte le informazioni concernenti l’Avviso pubblico e gli eventuali chiarimenti di carattere tecnico-amministrativo possono essere richieste a mezzo pec all’indirizzo

Dicembre 28, 2019

L’iva a “cavallo d’anno”.

Sulla base del sistema normativo fiscale vigente per le fatture “a cavallo d’anno”, non trova applicazione, anzi viene esclusa, la regola generale che consente l’esercizio del diritto alla detrazione per i documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Per cui particolare attenzione va posta per le fatture datate dicembre 2019 è pervenute nel 2020. Infatti il comma 1 dell’articolo 1 del D.P.R. n. 100 del 1998 come modificato dall’articolo 14 del D.L. n. 119 del 2018 stabilisce che “Entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l’ammontare complessivo dell’imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell’imposta, risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui e’ in possesso e per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. ((Entro il medesimo termine di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente.)) Il contribuente, qualora richiesto dagli organi dell’Amministrazione finanziaria, fornisce gli elementi in base ai quali ha operato la liquidazione periodica.”

Ai sensi dell’articolo 19 del DPR n. 633/72 il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti può essere esercitato con:

  • l’esigibilità dell’imposta che si identifica con la data di effettuazione dell’operazione;
  • il momento in cui si realizzano due requisiti: a) sostanziale dell’effettuazione dell’operazione; b) formale di possesso della fattura d’acquisto;
  • la registrata entro il 15 del mese successivo della fattura di acquisto. nel mese precedente la registrazione, qualora l’operazione sia avvenuta nel mese precedente è la fattura ricevuta e registrata entro i primi 15 giorni del mese successivo;
  • la dichiarazione Iva relativa all’anno in cui è ricevuta la fattura esercitando, quindi il diritto alla detrazione, entro il termine di presentazione della summenzionata dichiarazione.

Per cui, in base a quanto previsto dal sistema normativo applicabile, le fatture datate dicembre 2019 e ricevute nello stesso mese la detrazione dell’Iva potrà essere esercitata alternativamente:

  • nella liquidazione del mese di dicembre 2019;
  • nella dichiarazione Iva dell’anno 2019 in scadenza al 30.04.2020. Qualora si opti per tale soluzione occorre annotare, le fatture di acquisto, “separatamente” in un apposito sezionale del registro Iva acquisti, procedendo alla detrazione solo nel Modello Iva relativo al periodo di imposta 2019, senza rientrare in una liquidazione Iva.

Per le fatture con data dicembre 2019pervenute nel corso del mese di gennaio 2020 il diritto alla detrazione dell’IVA potrà essere esercitata nella liquidazione del mese di gennaio 2020 oppure in alternativa con la dichiarazione IVA relativa all’anno 2020.

Pertanto i documenti avente data dicembre 2019 anche se ricevuti entro il 15 gennaio 2020 la relativa IVA  non potranno essere considerata nella liquidazione Iva del mese di dicembre 2019 ma potrà essere esercitata la detrazione IVA nel mese di gennaio 2020.

L’Agenzia delle Entrate con la FAQ n. 129 del 10.07.2019 chiarito che la fattura si considera ricevuta:

  • qualora il Sistema di Interscambio (SDI) riesce a consegnare la fattura al destinatario, la data di ricezione è quella attestata dai sistemi di ricezione utilizzati dal destinatario, e non la data a partire dalla quale la fattura viene messa a disposizione del cessionario/committente sul portale Fatture e Corrispettivi;
  • qualora il Sistema di Interscambio (SDI), per cause tecniche non imputabili ad esso, non sia riuscito a recapitare la fattura al ricevente, questa viene messa a disposizione sul portale Fatture e Corrispettivi e la data di presa visione o di scarico del file fattura è quella a partire dalla quale l’Iva diventa detraibile.

Il divieto di cui al comma 1 dell’art. 1 del DPR n. 100/1998 ha conseguenze anche sull’istituto dell’acconto IVA, qualora i soggetti obbligati abbiano optato per il c.d. “metodo previsionale”.

Il cedente/prestatore ai sensi del comma 4 dell’articolo 21 del DPR 633/72, come modificato dal D.L. n. 119/2018, può emettere la fattura  “entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione determinata ai sensi dell’articolo 6” e qualora la data di effettuazione dell’operazione sia diversa da quella della fattura ai sensi del comma 2 del citato articolo va espressamente riportata nel documento.

Con la circolare n. 14 del 2019 l’agenzia delle Entrate ha evidenziato che lo SDI attesta “inequivocabilmente e trasversalmente (all’emittente, al ricevente e all’Amministrazione finanziaria)” la data e l’orario di avvenuta trasmissione di una fattura elettronica. Per cui nei casi di non corrispondenza tra data fattura e data di effettuazione dell’operazione occorre indicare nel campo “Data” della sezione “Dati generali” del file della e-fattura la data di effettuazione dell’operazione

Nel caso in cui una cessione di beni sia stata effettuata il 29 dicembre 2019, la relativa fattura potrà essere generata e trasmessa entro i successivi 12 giorni (entro l’10 gennaio 2020), per cui il campo “Data” verrà valorizzato con la data di effettuazione dell’operazione, nel nostro esempio 29 dicembre 2019, mentre la data di emissione sarà quella in cui la fattura viene trasmessa mediante il Sistema di Interscambio. Per cui si avrà la seguente situazione:

  • il cedente/prestatore è obbligato ad indicare nella liquidazione IVA di dicembre 2019 l’imposta del documento relativo all’operazione posta in essere a dicembre 2019 e la cui fattura è stata inviata allo SDI entro il termine dei 12 giorni (nel nostro esempio entro il 10 gennaio 2020);
  • il cessionario/committente che riceverà la fattura a gennaio 2020, avendola il cedente inviata allo SDI nei primi giorni di gennaio 2020, non può esercitare il diritto alla detrazione nel mese di dicembre 2019, neppure se procedesse all’annotazione entro il 15 del mese successivo non trovando applicazione la “retro-imputazione” dell’imposta come espressamente escluso dal comma 1 dell’articolo 1 del DPR n. 100/1998.

L’Nei casi in cui cedente/prestatore procedesse ad anticipare l’emissione della e-fattura rispetto all’effettiva data di consegna del bene, nel campo “Data”, all’interno del file, dovrebbe essere riportato il giorno in cui il soggetto passivo predispone la fattura elettronica. La trasmissione allo SdI potrà comunque avvenire entro dodici giorni da tale data (cfr., al proposito, le risposte a interpello nn. 389/2019 e 528/2019).

Dicembre 19, 2019

LE AGEVOLAZIONI 2020 Casa, bonus facciate o ecobonus. Le agevolazioni per i lavori su balconi, tende e intonaci.

La detrazione per il restauro delle pareti esterne degli edifici incrocia gli altri sconti. Fuori dalle zone più urbanizzate e per chi non fa il cappotto resta la chance del 50%

Il bonus facciate si inserisce in un quadro di detrazioni sui lavori in casa già ricchissimo. Con il risultato che nel 2020 ci sarà un incrocio di sconti fiscali: in base al tipo di intervento e di immobile (condominio o abitazione singola), alla zona in cui si trova il fabbricato e agli obiettivi di risparmio energetico. La nuova detrazione è pari al 90% delle spese pagate l’anno prossimo per i lavori in facciata, anche solo di pulitura e tinteggiatura. Ma solo nelle «zone omogenee» A e B (cioè quelle più abitate) e per le «strutture opache» degli edifici, compresi balconi, fregi e ornamenti.

Dicembre 18, 2019

Al via il nuovo Smart&Start Italia. Ecco le novità per le startup innovative.

La semplificazione dei criteri di valutazione e di rendicontazione; l’introduzione di nuove premialità, l’incremento del finanziamento agevolato fino al 90%; fondo perduto fino al 30% per le imprese del Sud e un periodo di ammortamento più lungo.

Sono queste le principali novità di Smart&Start Italia, l’incentivo del Mise gestito da Invitalia che sostiene la nascita e la crescita delle startup innovative su tutto il territorio nazionale, introdotte con la Circolare n. 439196 del 16 dicembre 2019 della Direzione generale per gli incentivi alle imprese (secondo la nuova disciplina introdotta dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 30 agosto 2019). 

Leggi l’articolo completo su https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/creiamo-nuove-aziende/smartstart-italia